[...]
Tali differenze non incidono granché sull' attenzione degli studenti che vanno bene. Costoro godono di una facoltà benedetta: cambiare pelle a proprio piacimento, al momento giusto, al posto giusto, passare dall'adolescente agitato all'allievo attento, dall'innamorato respinto al cervellone matematico, dal giocatore al secchione, dall'altrove al qui,passato al presente, dalla matematica alla letteratura... E la velocità di incarnazione a distinguere coloro che vanno bene da coloro che hanno qualche difficoltà. Questi, come viene rimproverato loro dai professori, sono spesso altrove S! liberano più faticosamente dell' ora precedente, cincischiano in un ricordo o si proiettano in un qualsiasi desiderio di altro. La loro sedia è un trampolino che li scaglia fuori dall'aula nell'istante stesso in cui vi si posano. A meno che non vi si addormentino. Se voglio sperare nella loro piena presenza, devo aiutarli a calarsi nella mia lezione. Come riuscirei? È qualcosa che si impara, soprattutto sul campo, col tempo. Una sola certezza, la presenza dei miei allievi dipende strettamente dalla mia: dal mio essere presente all'intera classe e a ogni individuo in particolare, dalla mia presenza alla mia materia, dalla mia presenza fisica, intellettuale e mentale, per i cinquantacinque minuti in cui durerà la mia lezione.
[Dal "Diario di scuola" di Daniel Pennac]
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