I problemi che i giovani attraversano in questi anni sembrano essere così complicati da far pensare che più importante dell'intervento educativo diventi quello preventivo. Questo può essere anche accettato su un piano di una prospettiva di lunga scadenza, ma gli stessi problemi richiedono la passione e la competenza per essere educatori oggi. È difficile immaginare che ci si possa dedicare alla prevenzione pensando che l'attività direttamente educativa avvenga in un secondo tempo e sulla base dei risultati della prevenzione. Prevenzione di cosa? Bisogna conoscere, non capiamo bene i problemi che dovremmo in qualche modo far sì che non sorgano.
Per capirli bisogna incontrarli, e non si incontrano i problemi, si incontrano gli individui.
Essere educatori oggi significa avere una passione e una competenza. E vanno in quest' ordine:
bisogna avere una passione. In cosa può consistere? Nella voglia di fare, non si può essere educatori con una vocazione esclusivamente riflessiva e contemplativa; bisogna anche agire. La voglia di fare deriva, riteniamo, da un desiderio di non affrontare la vita in termini passivi: appassionarsi ad essere attivi, e quindi appassionarsi a una società. Bisogna appassionarsi al sociale sapendo che nel sociale ci sono gli individui.
Bisogna accompagnare la passione con la competenza. Essere educatori oggi significa dedicare
il nostro tempo all'acquisizione di strumenti e di competenze. Non so se si debba dire che è finito
il tempo di educatori esclusivamente vocazionali, forse non è mai esistito quel tempo, ma noi
abbiamo creduto, forse, che esistessero gli educatori che sapevano essere tali per vocazione.
Oggi anche se esistesse questa vocazione, e forse il termine passione è un modo di esprimere ancora il vecchio termine vocazione, si deve però ritenere fondamentale l'aspetto «preparazione», sviluppo delle competenze: conoscere le tecniche di ascolto, le tecniche di mediazione, di negoziazione, e anche le tecniche di organizzazione di un gruppo di giovani con una capacità particolare, quella di sapere provocare l'apertura del tempo. Cosa significa questo? Uno dei problemi di chi è giovane è vivere una continua frantumazione del tempo, per cui l'istante e l'immersione in quello che accade nell'istante diventano l'unica dimensione temporale che appare, almeno.
Chi è educatore oggi deve aprire la dimensione del tempo come durata, quindi scoprire le possibilità del far seguire agli eventi in cui le persone sono immerse altre dimensioni. A volte si dice: «Bisogna raggiungere ragazzi e ragazze là dove sono. Se sono le discoteche siano le discoteche, se sono i punti di aggregazione negli spazi all'aperto, davanti al bar, per le strade, sia
là»~Benissimo, ma che non finisca là!Bisogna aprire una dimensione di tempo, invogliare e invogliarci a rispondere alla domanda: «Come andrà avanti questa storia?». È una storia e non
è un quadro, è una storia.
Queste sono le ragioni che impegnano ad essere educatore oggi, ed è la ricerca dei mediatori e dei
rituali sociali. I rituali sociali, attualmente, sono estremamente poveri e isterici, sono chiassosi e
rovinosi, non possiamo definirli neppure rituali.
Bere e buttare le bottiglie, e riempire le piazze di cocci di vetro, non è un rituale, è una distruzione.
Bisogna maturare dei rituali di incontro e gli educatori hanno questo compito, così importante,
e questa ragione. I compiti sono anche ragioni:capire, studiare, proporre dei rituali come
elementi mediatori di aggregazione, per un percorso, non per «star 11»,non per bivaccare se non
per prendere fiato e andare avanti. Vale ancora quell'indicazione che veniva da un vecchio prete
della bassa, Don Primo Mazzolari: «Quando ci sono delle giovani in crisi, invece di chiedere
poco bisogna chiedere di più!». Però bisognaessere credibili, e gli educatori credibili sono educatori competenti, lavoriamo per questo.
Andrea Canevaro
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